Un anno dopo

10 maggio 2021

Antonio Santangelo

Un anno dopo

L’irrompere sulla scena mondiale di Covid 19 ha fatto molto di più che mettere in crisi le maggiori economie del pianeta: ci ha messi di fronte alla necessità di cambiare il paradigma di futuro che sembrava iscritto nella globalizzazione post 2001. Ha dato valenza irrinunciabile all’Agenda 2030 dell’ONU sostituendo l’dea di sviluppo indefinito con quella della sostenibilità ambientale ed economica.
 La preoccupazione che stava alla base dei documenti europei sulla Programmazione 2021-2027, imprimere una svolta decisa nelle strategie dei 27 su digitalizzazione e sostenibilità ambientale, si è trasformata in impellenza operativa. Si è usciti dalla ritualità delle formule generali, costretti a disegnare scenari per definire obiettivi, metodologie, cronoprogrammi, misurazione di performance, risultati attesi.

Niente sarà più come prima

Diventa allora importante interrogarsi su cosa deve cambiare. Il primo dato è la dimensione che occorre avere per giocare sullo scacchiere internazionale. La passata presidenza americana ha reso evidente il ritorno della storia, intesa come “gioco dei potenti”, dialettica tra l’incerta leadership americana e il dragone cinese nel definire le future aree di influenza. L’Europa ha visto indebolirsi tradizionali legami con gli Usa e emergere al suo interno tentazioni e tensioni di ridisegnare alleanze storiche, subendo fascino e attrazione economica della “via della seta” che il governo cinese ha tracciato per trovare ingressi nel cuore dell’economia tutt’ora più consistente a livello globale. Ora la nuova leadership Usa sta tentando di ristabilire gli equilibri, definendo un perimetro che è caratterizzato più da una sintonia nella concezione dei diritti dei cittadini che dalla semplice struttura muscolare delle economie. A questo si aggiunge la medesima assunzione di responsabilità verso l’equilibrio ambientale del pianeta. Ma resta l’impellenza di ridefinire l’Europa.


In questo contesto il cambio di passo europeo è evidente e non rituale. L’eccezionalità della risposta di NextGenerationEU e delle misure di Recovery and Resilience Facility vanno ben al di là della sospensione del Patto di stabilità, concezione ragionieristica dell’equilibrio dei conti pubblici.
 NextGenEU fa propria l’urgenza di Agenda 2030, e ne assume l’impianto per combattere Covid 19. Non solo, si assume in solido il peso dell’intervento, finanziandosi sui mercati internazionali, emettendo debito comune; un bel salto rispetto alla “frugalità” del passato. La Pandemia è al tempo stesso spia e misura dei limiti della presenza europea dentro la globalizzazione. La delega del tema della salute, tra gli altri, a catene del valore internazionali molto articolate, lasciando alle economie orientali il tema della produzione, e riservandosi l’intervento sulla ricerca, ci ha lasciati disarmati di fronte all’aggressione del virus. L’atteggiamento contrattualistico sul prezzo dei vaccini ci sta penalizzando sulla loro disponibilità (chi ha pagato di più è ora più avanti di noi nella profilassi ed è meglio posizionato nella ripartenza economica), la delega sulla produzione ci costringe ad un inseguimento affannoso per recuperare posizioni. L’Europa, diversamente da Cina, Usa, UK e Russia, non è riuscita a sviluppare un vaccino completamente suo, “un’economia avanzata da 13 mila miliardi di euro, con un’industria del farmaco da quasi duecento miliardi di fatturato l’anno, non ce l’ha fatta” ha osservato Fubini sul Corriere della Sera. Ora si sta correndo ai ripari; un piano vaccini europeo si sta formando. Il risultato sono, al momento, 55 stabilimenti in tutta Europa, tra nuovi e convertiti, dedicati alla produzione di vaccini. In Italia saranno operativi cinque stabilimenti (due nel Lazio, uno a Monza, uno a Ferentino e uno a Lecce) a cui dovrebbe aggiungersi il vaccino italiano Rehitera. In Europa è prevista una produzione di 2,5 miliardi di dosi entro la fine del 2021. Quindi Covid 19 è il misuratore nella nostra capacità di invertire la rotta, recuperando sovranità attraverso la modifica delle catene del valore. E, sottolinea ancora Fubini, “non siamo audaci in un secolo in cui i grandi choc globali, la rivalità con la Cina e la corsa delle tecnologie richiedono capacità di innovazione radicale. Noi invece preferiamo ancora gli aggiustamenti incrementali. Non è un caso se fra le prime diciotto aziende tecnologiche per fatturato al mondo ce ne sono nove americane, tre cinesi, tre giapponesi, due coreane, una di Taiwan, ma non una europea”. Della necessità di una reazione e cambio di passo, si sono accorte Spagna e Austria, non certo le nazioni più attive nella costruzione europea. Recentemente hanno fatto appello a Ursula von der Leyen e alla Commissione per un ripensamento che porti al recupero di sovranità dell’Unione Europea.
 I due Paesi hanno sottolineato la necessità di identificare “i settori più vulnerabili alle dipendenze asimmetriche – (si pensi a materie prime o altre componenti essenziali delle catene del valore) - di modificare, laddove necessario, regole e procedure e di rafforzare strutture Ue originariamente concepite in modo che l’attività economica dell’Europa fosse separata da quella geopolitica. Mentre proprio la pandemia ne ha evidenziato la stretta interdipendenza”. Il documento individua le priorità di intervento: mercato unico; salute; energia e clima; trasformazione digitale; innovazione; politica industriale orientata al futuro; definizione di standard internazionali; immigrazione; ruolo internazionale dell’euro; tassazione internazionale; sicurezza comune e politica di difesa; relazioni esterne e multilateralismo. Mario Draghi, nel recente Eurosummit, ha invitato i partner europei a prendere atto di questa situazione e a reagire con coraggio: “Dobbiamo disegnare una cornice per la politica fiscale che sia in grado di portarci fuori dalla crisi e prendere esempio dagli Stati Uniti che hanno un’unione dei mercati dei capitali e un’unione bancaria completa, elementi chiave del ruolo internazionale del dollaro”. E nel lungo periodo ha individuato la necessità “della creazione di un titolo comune europeo, verso il quale dobbiamo iniziare a incamminarci”. Covid 19 ha evidenziato da parte della UE una scarsa propensione al rischio imprenditoriale, impensabile senza un bilancio comune, una politica fiscale comune e strumenti per fare debito collettivo. In sostanza una vera integrazione economica europea.















L’Italia alla prova del PNRR

Se l’Europa si sta interrogando, e agendo sul “dopo”, ancor più necessario è che lo faccia l’Italia. Segnata per prima dal virus, si è ritrovata impreparata anche a seguito di politiche sanitarie caratterizzate da tagli consistenti e da scelte sbagliate. Eclatante il depotenziamento della medicina territoriale e la relativa deresponsabilizzazione di quella di base, particolarmente marcata in Lombardia. Mario Draghi, nel cogliere l’assoluta priorità dei vaccini ha evidenziato lo stretto messo tra emergenza sanitaria e emergenza economica. Ora siamo chiamati a un cambiamento radicale. La disruption sappiamo, non è frequente in questo Paese.
Covid 19 ci ha deportati nel digitale, rompendo abitudini sonnacchiose, e colpendo tragicamente la gioventù, privata della frequentazione e costretta a un apprendimento dimezzato. Abbiamo scoperto l’e-commerce, il lavoro a distanza che diventa agile solo se supportato da infrastrutture funzionanti e tecniche di management illuminate.
Ora dobbiamo dimostrare di saper vivere questo nuovo tempo, mettendo a frutto le doti migliori del made in Italy: creatività e versatilità nell’individuazione di nuove strade, adattabilità e impegno nelle avversità. Il Piano di Ripresa e Resilienza ci mette alla prova, nella capacità di realizzare le riforme non più procrastinabili, pubblica amministrazione e giustizia sono gli ambiti più urgenti. La sfida è realizzare le cose che progettiamo, nei tempi che abbiamo dichiarati, riuscendo a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati. Cambiamo questo nome burocratico che abbiamo individuato, identificando l’obiettivo vero del 2026: NextGenerationIT. Diamo un futuro ai giovani, diamo opportunità alle donne di questo Paese, ritroviamo l’entusiasmo delle realizzazioni che ci hanno resi famosi nel mondo, ritroviamo la fiducia dell’Europa e nell’Europa

20 dicembre 2024
Quest'anno Archidata sostiene l'AIL, Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma, che promuove e sostiene la ricerca scientifica finanziando studi innovativi e laboratori in tutta Italia, assiste ed accompagna i pazienti e le famiglie in tutte le fasi del percorso, con l'obiettivo di migliorare la qualità di vita di chi lotta contro un tumore del sangue e sensibilizzare l’opinione pubblica alla lotta contro queste patologie. Lieti di aver contribuito alla raccolta di beneficenza e ad partecipato al Charity Dinner 2024.
Autore: Antonio Santangelo 30 luglio 2024
Mancano poco più di due anni alla scadenza del Recovery and Resilience Facility (RRF) e l’appuntamento è atteso con particolare attenzione perché le valutazioni dei suoi effetti pesano sulle future strategie da adottare.
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